La scultura in pietra

La scultura in pietra

La produzione di Messina si caratterizza, fin dagli esordi, per il riferimento alla tradizione classica, antica e rinascimentale. Questa predilezione convive con la ricerca di un linguaggio moderno, di volta in volta elaborato nella consapevolezza del proprio tempo e continuamente aggiornato.

Nel corso della sua lunga carriera di scultore, Francesco Messina si esercita e concentra su alcuni temi che indaga in profondità e approccia da diversi punti di vista.

Conosciamoli attraverso le sculture della collezione permanente dello Studio Museo.


La scultura in pietra

Francesco Messina si misura con la scultura in pietra in diverse fasi della sua carriera, sperimentando diverse tipologie di marmi e realizzando sia opere monumentali – come la “Minerva” di Pavia (1939) in porfido rosso o il “Monumento a Santa Caterina da Siena” a Roma (1962) in marmo bianco – sia sculture di medie e piccole dimensioni, di cui un esemplare si conserva anche allo Studio Museo di Milano: “Bianca” (1937-1968).

Messina impara e affina le sue capacità nella lavorazione della pietra durante la sua formazione nelle botteghe dei marmorai genovesi. Dopo aver trascorso i primi anni di vita a Linguaglossa, Francesco Messina e la sua famiglia si trasferiscono a Genova in cerca di fortuna, e proprio in questa città si avvicina all'arte della scultura e, innamorandosene follemente, intraprende il suo percorso d'artista.

I laboratori del marmo rappresentano l’incontro fulminante con la scultura e la possibilità di apprenderne le tecniche. Frequenta, inoltre, corsi serali di scultura e trova lavoro come modello presso lo studio di colui che al tempo era considerato un maestro della scultura cimiteriale genovese: Giovanni Scanzi.
Nella sua autobiografia, Messina racconta come dal “mago” Giovanni Scanzi, in un anno, aveva imparato tutto il mestiere che poi avrebbe governato il suo lavoro di artista: la scultura cimiteriale genovese, nonostante la rigidità dei canoni, e l’insegnamento di Scanzi, sono il punto di partenza della sua precoce sperimentazione artistica.

Alla sua formazione pratica, Messina aggiunge una profonda conoscenza della tradizione artistica classica e delle tecniche degli scultori antichi e contemporanei. La sua scultura infatti riprende esiti del passato per rinnovarli nel presente: i modelli classici e rinascimentali non sono per lui un esempio formale da copiare, ma la dimostrazione di un metodo da applicare liberamente in rapporto alla diversità del proprio tempo.

Nel corso della carriera, Messina si esercita su diversi tipi di pietra, anche di diversa provenienza: porfido e granito rosso, marmo bianco di Naxos e marmo bianco di Carrara…

In Italia, frequenta in particolare la “cava Michelangelo” del Monte Altissimo delle Apuane e la cava di Carrara. In un volume a lui dedicato (“Francesco Messina. Omaggio al Maestro”, Gianfranco Altieri editore, Collegno, 1988) è presente una fotografia, proveniente da un album di famiglia, che ritrae lo scultore nelle cave di Carrara mentre saggia un marmo per scegliere la qualità migliore.

Allo Studio Museo di Milano si conserva un’unica opera in marmo: il ritratto della moglie dell’artista, Bianca Fochessati Clerici. Messina realizza il volto etereo della donna nel 1937. Alla fine degli anni Sessanta, influenzato da una parte dalla scultura policroma antica dall’altra dalla contemporanea Pop Art, torna sul ritratto di Bianca, ritoccando morbidamente con il colore il marmo bianco, abbassando il tono idealizzante della scultura anni Trenta.

 

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