La scultura in bronzo

La scultura in bronzo

La produzione di Messina si caratterizza, fin dagli esordi, per il riferimento alla tradizione classica, antica e rinascimentale. Questa predilezione convive con la ricerca di un linguaggio moderno, di volta in volta elaborato nella consapevolezza del proprio tempo e continuamente aggiornato.

Nel corso della sua lunga carriera di scultore, Francesco Messina si esercita e concentra su alcuni temi che indaga in profondità e approccia da diversi punti di vista.

Conosciamoli attraverso le sculture della collezione permanente dello Studio Museo.


La scultura in bronzo

 

Fra le diverse tecniche sperimentate da Francesco Messina nel corso della sua carriera c’è la scultura in bronzo. Il bronzo è uno dei materiali preferiti dall’artista per le sue potenzialità tecniche che permettono di realizzare statue di piccole e grandi dimensioni atteggiate nelle posture più diverse. 

La maggior parte delle sculture presenti nella collezione dello Studio Museo è realizzata in bronzo, seguendo la tecnica della cera persa. La fusione a cera persa è una tecnica conosciuta fin dal terzo millennio a.C. e raggiunge una notevole fioritura nella scultura greca e romana. La tecnica prevede la realizzazione di un primo modello della scultura in argilla, le cui dimensioni saranno pari a quelle finali della statua in bronzo, con un’armatura interna e rivestita completamente con uno strato di cera, che sarà scolpito fin nei minimi particolari e poi rivestito con un’argilla resistente al calore. In tale copertura l’artista scava dei canaletti di drenaggio: prima viene riscaldato il blocco per far liquefare e fuoriuscire la cera e in seguito dai canaletti viene introdotto il bronzo fuso. Una volta che il metallo si è raffreddato, il materiale esterno viene rimosso, le parti difettose vengono sostituite e la superficie viene ripulita e levigata.

Nonostante la sua formazione artistica presso le botteghe dei marmorari genovesi, Messina a partire dalla fine degli anni Venti inizia a utilizzare anche il bronzo per realizzare alcuni ritratti come quelli di Pietro Marussig (1929), Salvatore Quasimodo (1937) e Massimo Lelj (1938), riproducendone realisticamente i caratteri fisici e psicologici; utilizza il bronzo anche per sculture di piccole-medie dimensioni come il “Nuotatore” (1935), il “Bambino al mare” (1935), la serie delle ballerine e dei cavalli.

Messina sfrutta le potenzialità del bronzo anche da un punto di vista cromatico, come nel caso del “Ritratto del cardinale Alfredo Ildefonso Schuster” (1941) e del bozzetto del “Monumento a Pio XII” (1963) realizzati in bronzo dorato. La sua produzione è caratterizzata infatti da esigenze coloristiche legate alla tradizione artistica classica, dove la scultura era indissolubilmente legata al colore: Messina riserva grande attenzione alla ricerca delle patine colorate per le sue opere. 

Una delle sculture in bronzo più conosciute di Messina è il “Cavallo” realizzato nel 1967 per la RAI. Nell’autobiografia “Poveri Giorni” Messina racconta che nel 1959 gli venne proposto di modellare un grande cavallo da posizionare nell’aiuola davanti all’ingresso della nuova sede RAI in viale Mazzini a Roma. Realizza allora una scultura di un cavallo morente – tema già proposto in alcune sue sculture di piccole-medie dimensioni, alcune conservate allo Studio Museo milanese - di quattro metri e mezzo di altezza per cinque e mezzo di lunghezza, per la quale prepara un’armatura capace di sostenere alcune tonnellate di creta e sagoma le forme del cavallo mediante un’incastellatura di ferri rivestiti da liste di legno. Le dimensioni dell’opera creano non pochi problemi: il suo studio di Brera non era abbastanza grande, così Messina realizza il cavallo, tramite la tecnica della fusione a cera persa, in un ampio locale della Fonderia Battaglia a Milano. Sempre nella sua autobiografia racconta che anche il trasferimento dell’opera a Roma non fu semplice: fu necessario tagliare la coda del cavallo e preparare una montatura a baionetta, per reinserirla poi in loco, in modo da far viaggiare il bronzo mutilo e coricato sul camion più basso che potesse trovare a Milano. In questo modo, nel 1967 il cavallo arriva a Roma e viene collocato nel punto più conveniente in rapporto alla facciata del palazzo. 

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