Legalizzazione e traduzione dei documenti stranieri

I documenti in lingua straniera da far valere in Italia per la Pubblica Amministrazione devono essere legalizzati e tradotti in lingua Italiana.

La legalizzazione consente a una persona straniera di far valere in Italia un documento rilasciato dal Paese estero di origine o di stabile residenza.

Consiste nell’apposizione di un timbro, sull’originale dell’atto da legalizzare, che attesta ufficialmente:

  • la qualifica legale del pubblico ufficiale che ha firmato l’atto
  • l’autenticità della sua firma.

Nella legalizzazione occorre indicare il nome e il cognome della persona di bisogna legalizzare la firma. Il pubblico ufficiale legalizzante deve indicare la data e il luogo della legalizzazione, il proprio nome e cognome, la qualifica rivestita e apporre la propria firma per esteso e il timbro dell'ufficio.

Le firme su atti e documenti formati in un Paese estero, da far valere in Italia, devono essere legalizzate dalle Rappresentanze diplomatiche o consolari italiane di quel Paese (art.33, comma 2,  D.P.R. n.445/2000).

Se, invece, un atto italiano deve essere usato in un Paese estero, la legalizzazione – se richiesta – deve essere fatta dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale nella cui circoscrizione ha sede il notaio che riceve o autentica l’atto. La firma del Procuratore della Repubblica, a sua volta, viene legalizzata dal Consolato straniero in Italia nel cui ambito risiede.

Se l’atto è rilasciato dal Comune, la legalizzazione deve essere rilasciata dal Prefetto competente per territorio.

Sono soggetti a legalizzazione gli atti dello stato civile, dell'anagrafe e gli atti pubblici formati in uno Stato che devono essere prodotti nel territorio di un altro Stato.

Per “atto straniero” si intende l'atto redatto e compilato all'estero da Autorità straniere, anche se in lingua italiana. Sotto questo profilo non è “straniero” l'atto redatto da Consolati e Ambasciate italiane all'estero, anche se le parti sono straniere.

L'obbligo della legalizzazione viene meno in alcuni casi stabiliti da leggi o accordi internazionali (art.33, ultimo comma, D.P.R. n.445/2000).

Particolarmente significativa, in merito, è la Convenzione dell’Aja del 5 ottobre 1961, ratificata dall’Italia con la legge 20 dicembre 1966 n.1253, relativa all’abolizione della legalizzazione degli atti pubblici stranieri. L'elenco dei Paesi firmatari la Convenzione dell'Aja del 5 ottobre 1961 è disponibile anche cliccando qui (collegare i Paesi firmatari).

Gli Stati che aderiscono alla Convenzione dell’Aja sostituiscono la legalizzazione degli atti che rientrano nel suo ambito di applicazione e che devono essere prodotti sul suo territorio, con l’apposizione della apostille. Quest’ultima consiste in un’annotazione, rigidamente conforme al modello allegato alla Convenzione, che va apposta sull’originale del certificato straniero da parte dell’Autorità estera indicata come competente dalla legge di ratifica della Convenzione.

L’apostille, come la legalizzazione, ha la funzione di attestare la veridicità della sottoscrizione e della qualifica legale del pubblico ufficiale straniero che ha rilasciato il documento, nonché l’autenticità del sigillo o del timbro apposto sull’atto.

Sono esenti da legalizzazione gli atti redatti dai rappresentanti diplomatici e consolari dei seguenti Paesi: Austria, Cipro, Estonia, Francia, Germania, Gran Bretagna (e Isola di Man), Grecia, Irlanda, Italia, Liechtenstein, Lussemburgo, Malta, Moldova, Norvegia, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Repubblica Ceca, Romania, Spagna, Svezia, Svizzera, Turchia (Convenzione di Londra del 7 giugno 1968).

Dal 28 marzo 2003 sono esenti da legalizzazione anche gli atti rilasciati dalla Polonia, in particolare gli atti riguardanti lo stato civile, la capacità o la situazione familiare delle persone fisiche, la nazionalità, il domicilio o la residenza. (art.2 della Convenzione di Atene del 15 Settembre 1977). Gli altri Stati aderenti alla Convenzione sono: Lussemburgo, Francia, Olanda, Portogallo, Spagna, Turchia e Austria.

È stata soppressa fra Belgio, Danimarca, Francia, Irlanda, Italia ogni forma di legalizzazione o qualsiasi altra formalità equivalente, anche nel caso in cui gli atti debbano essere esibiti alle Rappresentanze consolari di Belgio, Danimarca, Francia, Irlanda e Italia operanti sul territorio di uno Stato che ha ha ratificato la Convenzione (Convenzione di Bruxelles del 25 maggio 1987, ratificata dall’Italia con legge 24 aprile 1990, n.106).

Per poter essere fatti valere in Italia, gli atti e i documenti rilasciati da autorità straniere legalizzati dalle rappresentanze diplomatico-consolari italiane all’estero devono inoltre essere tradotti in italiano (eccetto quelli redatti su modelli plurilingue previsti da Convenzioni internazionali).

Le traduzioni devono recare il timbro “per traduzione conforme”. Nei Paesi dove esiste la figura giuridica del traduttore ufficiale la conformità può essere attestata dal traduttore stesso, la cui firma viene poi legalizzata dall’ufficio consolare. Nei Paesi nei quali  tale figura non è prevista dall’ordinamento locale, occorrerà ricorrerà alla certificazione di conformità apposta dall’ufficio consolare.

Per procedere alla legalizzazione. il richiedente dovrà presentarsi presso l’Ufficio consolare munito dell’atto (in originale) da legalizzare. Al fine di ottenere il certificato di conformità della traduzione dovrà presentarsi presso l’Ufficio consolare munito del documento originale in lingua straniera e della traduzione.

L'asseverazione è la procedura che dà valore, tra privati o tra privati e la Pubblica Amministrazione, alla perizia stragiudiziale e alla traduzione, per mezzo del giuramento davanti al Cancelliere (art. 5 R.D. N° 1366 del 9/10/1922 semplificazione dei servizi di cancelleria e segreteria - D.M. 4/1/54 (Cat. 22) - traduzioni di lingue straniere - R.D. 20/9/34 n° 2011 art. 32 Categorie periti e interpreti presso la camera di commercio).

La perizia e la traduzione devono essere giurate da chi le ha effettuate. Il perito o il traduttore si recano in Tribunale con un documento valido d’identità e con la perizia o la traduzione cartacee da giurare.

Non è necessario che il perito o il traduttore siano iscritti ad apposito albo professionale (che, inoltre, per i traduttori non esiste). Il traduttore, al fine di garantire l'imparzialità e la veridicità della traduzione deve essere un terzo estraneo all'atto che ha tradotto.

Non esiste una competenza territoriale e il giuramento può essere effettuato in qualunque Tribunale su tutto il territorio nazionale.

Aggiornato il: 14/07/2023